In una settimana trascorsa in Pizza Marinara tra la tradizionale, gourmet o con aggiunta, il pomodoro è sempre ed assolutamente il protagonista di uno Storytelling del food.

Questo non si limita solo alla Pizza, infatti negli ormai lontani anni 60, Rita Pavone cantava “Viva la pappa col pomodoro.

É da qui nasce un tormentone. 

Non era importante com’era proposto il pomodoro per scrivere uno Storytelling del food, ma l’idea é rimasta e rimane tutt’ora nei cuori di tutti. Giovani, piccini e magari grandi se pensano alla pasta al pomodoro, non pensano al sugo, perché sarebbe il Ragù, ma l’idea casca sul “filetto”.


Così l’opzione cantata inizialmente da Rita Pavone nasce ispirata all’inno degli allievi del collegio di Gian Burrasca. Poi insieme a lei dalle generazioni dai genitori per convincere i figli capricciosi a mangiare.

Il suo tema centrale è un piatto amatissimo nella tradizione culinaria italiana, ossia la pasta al pomodoro

Una storia che attraversa i secoli: gli spaghetti al pomodoro dalla Sicilia Medievale ai trattati di cucina dell’800.

La parola “spaghetti” all’interno del vocabolario della lingua italiana risale al 1819.Anche questa informazione oseremmo dire relativamente vicina a noi nel tempo.

Le origini di questa pasta, in particolare modo nella sua versione al filetto di pomodoro, hanno radici in epoche molto più antiche ed esotiche. Pare che gli spaghetti siano nati nel Medioevo e abbiano origini orientali. La loro prima apparizione sarebbe stata in Sicilia. Essendo la terra sotto la dominazione araba anche dopo la loro cacciata aveva conservato molto della cultura dei dominatori precedenti.

Il primo riferimento esplicito agli spaghetti, definiti più genericamente “pasta che si arrotola”, lo troviamo nel Decameron di Boccaccio.

A base di brodo e parmigiano, e poi in altre novelle scritte nel Trecento.

Con l’arrivo del pomodoro in Europa, gli spaghetti iniziarono ad essere conditi con il sugo del nuovo ortaggio.

Infatti, la realizzazione di piatti a base di pomodoro comparirà sempre più spesso nei ricettari settecenteschi napoletani, fino ad arrivare al 1808, con la pubblicazione dell’”Apicio Moderno”,

Fonte immagine https://www.taccuinigastrosofici.it/ita/news/moderna/spuntini-letterari/Apicio-moderno-Francesco-Leonardi.html

cioè un trattato di Cucina, scritto dal cuoco Francesco Leonardi in cui si parla per la prima volta in assoluto di pasta al pomodoro.

Si parlerà dopo poco nello specifico di spaghetti al pomodoro con il Duca di Buonvicino, Ippolito Cavalcanti, che nel 1837 pubblica il trattato intitolato “La Cucina Teorico-pratica”,

fonte immagine https://www.academiabarilla.it/biblioteca/cucina-teorica-pratica-di-ippolito-cavalcanti/

all’interno di cui riporta la ricetta che nell’arco di qualche secolo avrebbe conquistato il mondo intero. La particolarità di questa nuova ricetta era proprio nella semplicità degli ingredienti con cui condire la pasta, ovvero pomodoro e pochi insaporitori, come olio, aglio e pepe.

Spaghetti al filetto di pomodoro, semplici e raffinati con un sapore tutto napoletano.

Naturalmente, la cultura degli spaghetti al pomodoro si sviluppò soprattutto a Napoli e anche gli spaghetti al filetto sono tradizionalmente legati alla città partenopea: si tratta di una versione più saporita della tradizionale pasta al pomodoro, che prevede una prima fase di cottura di spicchietti d’aglio in uno strato di olio, per gettare le basi al sapore. Dopo di ché si aggiungono i pomodori tagliati a filetto con una spolveratina di pepe.

 

Si unisce il tutto agli spaghetti, qualche foglia di basilico et voilà: ecco una deliziosa pasta al filetto di pomodoro fresca e saporita, semplice da preparare ma dal gusto intenso e soddisfacente, capace, come ogni piatto partenopeo, di trasmettere un po’ di Napoli nei suoi sapori.
Chiara Peluso

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