Nel XllI sec. iniziò a diffondersi il termine “marrone” per indicare la castagna dalle qualità eccellenti, perché più grosse e preziose, meglio adatte ad un consumo elitario. Così nasce un particolare Storytelling del food, perché da cibo plebeo diventa nel tempo un ingrediente talmente particolare che raggiunge l’essere un ingrediente dal gusto ricercato, quasi pregiato. Questo viaggio inizia nel Medioevo, quando al frutto venivano anche riconosciute proprietà afrodisiache ma soprattutto popolare per identificare e considerare le castagne come l’alimento principale delle genti di montagna, quindi identificato come un cibo plebeo da evitare nei menù di corte! Impensabile pensare che oggi è spesso utilizzata per essere un elegante ornamento sia nel salato che nel dolce.

Ma per ricordare un pò la Storia citiamo come nel Cinquecento il Mattioli segnalava: “Nelle montagne ove si raccoglie poco grano, si seccano… e fassene farina la quale valentemente supplisce per farne pane”.
Nel Settecento Illuminista,il marrone riscosse grande favore presso le classi alte, e nacquero così delle castagne che erano in formato dolcetti glassati (marrons glaces ).

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Nasce da questo frutto dalle innumerevoli proprietà nutrizionali un dolce povero ,il Castagnaccio creato per utilizzare il più possibile le castagne, alimento base delle popolazioni contadine delle zone appenniniche (Toscana ed Emilia Romagna).Ovviamente con il tempo varie e sfariate furono le ricette legate a questo frutto che risalgono ad origini antichissime,ne parlava già in una cronaca cinquecentesca ,l’ artefice fu un padre agostiniano, e qualcuno arriva anche ad attribuire la ricetta a un certo Pilade da Lucca.

Nel 1644 il Tanara nella sua opera parla a lungo dei “castagnazzi”, elencando anche varianti oggi impossibili, che prevedevano l’aggiunta di grana grattugiato o di cacio grasso e tenero.Essendo diffuso e spontaneo il suo ingrediente principe (i castagni abbondano in Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Toscana), questo dolce consumato nel passato anche come prelibato cibo di strada, non vanta una patria e una ricetta definitiva ed esclusiva.Esistono molte varianti locali che spesso profumano il castagnaccio con l’aggiunta di ingredienti quali rosmarino, scorza d’arancia e semi di finocchio.

Esistevano due versioni di castagnaccio: la prima prevedeva l’uso della grande teglia, in cui l’impasto formava una spessa coltre screpolata in superficie; l’altra era costituita da “tondini” sottili, cotti e subito estratti dalle formelline di ferro annerito. Entrambe le versioni provenivano da Altopascio, Fucecchio e altre località minori del senese. Nello stesso secolo per rendere più gustosa la pietanza furono inseriti ingredienti come uvette, pinoli, agli di rosmarino e zucchero, al posto del miele utilizzato nell’impasto originario,assumendo così un sapore agrodolce. Leggenda narra che le foglioline di rosmarino del castagnaccio abbiano il potere di un filtro d’amore, e il giovane che mangi il dolce ricevuto dalle mani di una ragazza se ne innamori perdutamente.

Quindi è sempre presente un fattore di credenza popolare,per cui considerato di buon augurio ,tramandato nei secoli.La ricetta contemporanea più diffusa del Castagnaccio, conosciuto in Toscana anche col termine di Pattona o Baldino, oltre alla farina di castagne prevede tra gli ingredienti principali zucchero o miele e per renderla più golosa gocce di cioccolata e ricotta nell’ impasto.

Il Castagnaccio occupa così di diritto il suo posto nello storytelling con la sua ricetta e i suoi ingredienti semplici ma ricchi di sapori “antichi” trova spazio nell’epoca moderna. Vi proponiamo così la ricetta originale non rivisitata di questo dolce “agrodolce” detto anche “il pane dei poveri”:

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Ingredienti: farina di castagne – sale – olio evo – zucchero – buccia di arancia – uvetta – pinoli – noci – rosmarino

Preparazione: Posizionate in una terrina della farina di castagne, un pizzico di sale, olio, zucchero e della buccia d’arancia grattata. Aggiungete al composto dell’acqua affinché risulti piuttosto liquido.

Mettete la pastella in una teglia unta e arricchitela con uvetta ammollata, pinoli, e noci spezzettate.

Infine cospargete la superficie con foglioline di rosmarino, irrorate d’olio d’oliva e cuocete in forno caldo.

Maria Teresa Grisi Franchini

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