A Carnevale ogni storytelling del food vale: di più se col migliaccio

Si avvicina il martedì grasso, per cui Storytelling del food deve avere il gusto del Carnevale. Oltre le Chiacchiere, con il Migliaccio diamo alla festa un sapore più dolce!

Ogni scherzo vale, ma siamo seri!

La giornata infrasettimanale aiuta ad essere tutti più felici, buoni e soprattutto dolci

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Così, andando in Pasticceria c’è una buona scelta di dolci tipici. Questi coronano il periodo di Carnevale con un’apoteosi di gusto dolce.

Certo in molti diventano tali tutti indossando vari travestimenti desideranDo gustare molti bontà. Sapendo che per almeno quaranta giorni dopo non sarà opportuno darsi agli eccessi. Così meglio addolcirsi per bene con spicchi di felicità, da assaporare tra chiacchiere in famiglia o in feste tra amici.

Per i giorni di “stenti” o non eccessi, per ricordare il digiuno di quaranta giorni, meglio coprirsi con una scorpacciata di energia dolce. Le suddette non sono solo. Ci sono da considerare le origini del Migliaccio. Il dolce gode di uno Storytelling del food ricco di tradizione.

Non a caso non inizia da ambienti ricchi e d’élite, ma da zone rurali e contadine.

Infatti, come buona parte della cucina partenopea, il Migliaccio ha origini umili.

Non a caso, era preparato con farina di miglio (da cui deriva il suo nome latino “Miliaccium”). Questa era utilizzata principalmente per preparazioni semplici e di fortuna, che imbandivano le mense popolari.

In età medievale, nel periodo di carnevale, era usanza preparare il migliaccio con il sangue di maiale. Infatti, quest’ultimo era considerato un alimento ricco e nutriente, restando nel periodo il Sanguinaccio risponde presente!

Con il passare del tempo l’uso del sangue del maiale venne vietato dalla Chiesa Cattolica. Lo si considerava impuro e lo associava ai riti pagani delle civiltà antiche. Per questo motivo fu sostituito. Così ecco un intruglio a base di uova, cannella, zucchero e farina, che mescolato al miglio, dava vita al dolce che conosciamo adesso

Spesso, nella cottura, si preferisce usare la sugna anziché il burro, per intensificarne il gusto. Questa tradizione è diffusa principalmente nelle realtà popolari paesane, e in particolar modo in penisola sorrentina.

Nel tempo si è reso un dolce in diverse varianti.

Tra dolce e salato!

Perché non è mai esistita una ricetta originale di questo piatto. Ogni famiglia lo preparava in base alle proprie preferenze.

La versione più comune è la dolce a base di semola e ricotta .

   

Ma molto diffuso è anche il migliaccio salato, arricchito con varie combinazioni di salumi e formaggi.

Una regola però deve essere tenuta saldamente a mente: il migliaccio deve essere rigorosamente cotto nel tegame di rame, come da tradizione, oppure di alluminio.

Con un Migliaccio al centrotavola e abbondanti dosi di chiacchiere e sanguinaccio salutiamo il Carnevale. Ci rivediamo presto, con il prossimo Storytelling del food

Chiara Peluso

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